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L'Europa e l'Unione per il Mediterraneo

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Fonte: Inform@zione per lo Sviluppo - Newsletter della Cooperazione Decentrata Toscana

UpM è la sigla con cui si menziona comunemente l'ultima creazione della politica euro-mediterranea, che ha seguito e accompagna le precedenti esperienze del Partenariato Euro-Mediterraneo (PEM o Processo di Barcellona) del 1995 e della Politica Europea di Vicinato (PEV) del 2004. Nonostante le impostazioni per alcuni aspetti differenti, si puಠaffermare che tutte le politiche euro-mediterranee sono basate sull'idea che esista un comune interesse dei paesi dell'UE a sviluppare forme di cooperazione e solidarietà  con i paesi della sponda sud del Mediterraneo. In questo senso, il Mediterraneo è visto come un fattore di coesione per la UE.

euromedL'Unione per il Mediterraneo è nata nel luglio 2008 su iniziativa del Presidente francese Sarkozy, che, fin dall'inizio del suo mandato, aveva insistito sull'importanza capitale del dialogo tra l'Europa e il Mediterraneo proponendo al tempo stesso di affrontare il problema in modo diverso poiché €œàˆ soprattutto compito dei paesi del Mediterraneo prendere in mano il destino riservato loro dalla geografia e dalla storia€ (Discorso di Tolone del 7 febbraio 2007). Nel 2007 Sarkozy prospetta quindi un'Unione Mediterranea che si sviluppi su iniziativa dei paesi europei mediterranei, come Portogallo, Spagna, Italia, Grecia e Cipro, con l'obiettivo di dare nuovo vigore e respiro politico al Processo di Barcellona, incapace di conseguire i propri obiettivi e di fatto caduto nel dimenticatoio della diplomazia euro-mediterranea. Pur riconoscendo la volontà  francese di allestire, attraverso la creazione dell'UpM, un formato a pi๠alta intensità  politica, non essendo soddisfacente il formato diplomatico che oggi costituisce la sostanza del PEM, molti analisti vedono nel progetto di Sarkozy l'esplicitazione delle mire egemoniche di Parigi sul Mediterraneo. Inoltre, secondo questa lettura la Francia, assumendo un ruolo propulsivo nell'ambito delle politiche euro-mediterranee, riguadagnerebbe spazio e prestigio anche in seno ad atri organismi, in primis nella UE e nella NATO.

La Germania sembra avvalorare una simile interpretazione, tanto che il cancelliere Merkel, preoccupata che una nuova organizzazione specificamente intra-mediterranea (con l'esclusione quindi dei paesi nord europei) potesse ledere la coesione europea, ha posto come condizione per la nascita dell'UpM la possibilità  di accedervi per tutti gli stati membri dell'UE. Il cambiamento della denominazione dall'originale €œUnione Mediterranea€ all'attuale €œUnione per il Mediterraneo€ sembra essere motivato da simili preoccupazioni nordeuropee.

Ad oggi l'UpM è costituita da 43 paesi, ossia da tutti i paesi dell'UE e della costa meridionale del Mediterraneo ad eccezione della Libia, che ha preferito mantenere lo status di osservatore, come accadeva nel PEM. Questo nuovo organismo, costituito a livello dei primi ministri, ha una doppia presidenza affidata a turno a due paesi, uno europeo e l'altro extraeuropeo. Dal 2009 tutte le strutture logistiche dell'organizzazione sono operative, guidate da un segretario generale, attualmente il giordano Ahmad Masa'deh, eletto lo scorso marzo 2010. Il segretario generale ha l'incarico di gestire i fondi e di controllare lo stato di avanzamento dei progetti comuni che verranno intrapresi. L'UpM puಠessere considerata infatti un'€œUnione per progetti€ poiché ha come compito prioritario la realizzazione di progetti regionali di grande respiro, che sono stati ricondotti dai paesi firmatari a sei linee d'iniziativa prioritarie: il disinquinamento del Mediterraneo; la costruzione di autostrade marittime e terrestri tra le due sponde del Mediterraneo; il rafforzamento della protezione civile; la creazione di un piano solare mediterraneo; lo sviluppo di un'università  euro-mediterranea; il sostegno alle PMI. L'UpM puಠfinanziare i suoi progetti facendo ricorso a diverse fonti, dagli attori privati a fondi comunitari, dai contributi dei partner a quelli erogati dalla BEI.

Dunque, l'idea alla base del nuovo organismo sembra essere quella di puntare sulla cooperazione ad alto livello per la realizzazione di grandi progetti regionali che spianino la strada alle divergenze politiche tra i paesi aderenti. Insomma, seguendo l'esperienza europea, investire su interessi comuni, soprattutto economici, per intraprendere un percorso che possa portare in futuro ad una maggiore collaborazione euro-mediterranea anche su ambiti pi๠sensibili, come la sicurezza e l'immigrazione.

L'UpM sembra distanziarsi dall'approccio bilaterale inaugurato dalla PEV, che si basa su patti d'azione tra l'UE e i singoli stati mediterranei aderenti e su un processo di differenziazione tra gli stessi, ma pare sovrapporsi sia a livello di funzioni che di composizione geografica al PEM, basato prevalentemente su un approccio multilaterale. L'UpM potrebbe quindi essere considerata come un ampliamento del Processo di Barcellona, potenzialmente in grado di infondergli nuova vitalità . Considerando i fatti, perà², l'UpM si trova oggi in una fase di stallo poiché, anche se logisticamente operativa e con fondi stanziati per la realizzazione di alcuni progetti, non è ancora riuscita ad avviare un efficace e sereno dialogo politico tra i suoi membri. Il rinvio a novembre 2010 del vertice euro-mediterraneo, programmato per il 7 giugno scorso a Barcellona, è solo l'ultimo episodio di una lunga fila di intoppi in un processo che è stato paralizzato fin dall'inizio principalmente a causa dell'invasione israeliana di Gaza (dicembre 2008).

Se la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, accompagnata dal continuo peggioramento delle condizioni di vita dei palestinesi, è l'ostacolo principale sulla strada della cooperazione euro-mediterranea, quindi anche dell'UpM, si possono elencare ulteriori fattori di instabilità  e debolezza già  negli aspetti fondativi della nuova organizzazione: la presenza di svariati conflitti e tensioni nell'area (come quelli che vedono contrapposti Israele a Libano e Siria, Marocco a Saharawi e Algeria, Turchia a Cipro, Spagna a Marocco per la questione di Ceuta e Melilla - per citarne i principali), un grosso ritardo nel processo di integrazione economica dei paesi sud-mediterranei, una presenza squilibrata tra paesi UE (27) e non-UE (16), la sovrapposizione e la confusione tra le strutture dell'UpM e quelle della PEM e la scarsità  di fondi destinati dall'UE per il buon funzionamento dell'organismo. La presenza dello Stato israeliano, soprattutto, sembra creare numerosi malcontenti all'interno dell'UpM, dal momento che gli stati arabi sospettano che questa non sia altro che €œun modo per dare a Israele una legittimazione mediterranea senza che lo Stato ebraico riconosca i suoi crimini e senza che ponga fine all'occupazione del Golan e delle Fattorie di Sheeba, e senza che annunci di riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese€ (O. Azraj, I presupposti di un vero progetto di Unione per il Mediterraneo, in «Il conflitto arabo-israeliano e il sogno mediterraneo infranto», 30 giugno 2010). Il conflitto israelo-palestinese si dimostra cosà¬, ancora una volta, fatale per qualsiasi tentativo di partnership euro-mediterranea: come la seconda Intifada avrebbe €œucciso€ il Processo di Barcellona, l'invasione israeliana di Gaza di dicembre 2008 ha frenato sul nascere le speranze euro-mediterranee riposte nel progetto dell'UpM. Infatti, sull'onda dell'enorme emozione suscitata in tutto il mondo arabo dai bombardamenti israeliani su Gaza, gli incontri di alto livello dell'UpM furono sospesi. Anche dietro all'ultimo rinvio sembra figurare il malcontento dei paesi arabi causato dall'annunciata presenza al vertice euro-mediterraneo del Ministro israeliano Lieberman, considerato razzista dagli arabi per le sue posizioni estremiste nei confronti dei palestinesi.

Nonostante gli ostacoli sopra illustrati riducano le probabilità  che un organismo €œproject-oriented€ abbia un impatto positivo sulle tensioni politiche euro-mediterranee, si possono evidenziare le potenzialità  che l'UpM offre per lo sviluppo dell'area, specialmente per quanto riguarda la protezione dell'ambiente e dei beni comuni. A tal riguardo si ricorda la recente dichiarazione del Ministro Frattini in seguito alle annunciate trivellazioni della Bp al largo delle coste libiche, che tanta preoccupazione hanno sollevato tra i paesi del Mediterraneo per la catastrofica vicenda del golfo del Messico. Il Ministro ha infatti suggerito che l'UpM si occupi direttamente della questione, affermando che l'Italia, come singolo Stato europeo o mediterraneo, non ha nessun titolo per chiedere informazioni alla Bp.

In generale, le problematiche ambientali, come l'inquinamento del Mar Mediterraneo, ed energetiche, legate allo sviluppo di fonti rinnovabili, sembrano questioni fondamentali sulle quali il dialogo euro-mediterraneo potrebbe ripartire con il piede giusto. Un dialogo che parta dalla difesa del bene comune Mediterraneo, capace di coinvolgere le società  civili dei paesi interessati, potrebbe aprire nuovi canali di comunicazione interculturali e politici, lungo i quali i paesi euro-mediterranei potrebbero, un giorno non troppo lontano, progettare un futuro condiviso e co-gestito.

Approfondimenti: The Euro-Mediterranean Partnership.