Da Ansa Balcani
La conferenza di Brdo pri Kranju, in Slovenia, alla quale hanno preso parte sette premier dei Balcani occidentali, con l'assenza tuttavia della Serbia, si è conclusa con la firma di una dichiarazione congiunta nella quale viene ribadito il pieno appoggio ai processi che mirano all'integrazione della regione nell'Unione europea. I due organizzatori della riunione, i premier di Slovenia e Croazia Borut Pahor a Jadranka Kosor, in una conferenza stampa, hanno portato come esempio di cooperazione proprio i rispettivi Paesi che l'anno scorso, con il dialogo e in un clima di mutuo rispetto, sono riusciti a risolvere la disputa frontaliera che da quasi vent'anni pesava sui rapporti tra Lubiana e Zagabria. Pahor ha spiegato che non si è discusso solo del cammino europeo, ma anche dei problemi interni della regione, in primo luogo del fatto che €œalcuni Paesi non riconoscono l'esistenza di altri, e invece tutti dovrebbero riconoscere tutti€. La Serbia, infatti non ha voluto partecipare alla conferenza poichè il Kosovo era rappresentato come Stato indipendente e non come protettorato internazionale sotto la denominazione di Kosovo/Unmik, come voleva il presidente Boris Tadic. €œLe porte del dialogo resteranno aperte anche a coloro che non erano con noi€, ha detto Pahor alludendo all'assenza di Tadic, ed elogiando al tempo stesso il primo ministro della Bosnia Erzegovina Nikola Spiric che, nonostante alcune riserve e il fatto che neanche il suo Paese riconosca il Kosovo, ha pur sempre partecipato all'incontro. Spiric, politico proveniente dalle file dei serbo-bosniaci, ha comunque lasciato la sala della riunione nel momento in cui ha parlato il premier kosovaro Hashim Thaci. Raggiunto, in ogni caso, un accordo per tenere conferenze regionali analoghe a livello ministeriale, la prima delle quali, tra breve, sarà organizzata tra i ministri dei trasporti e delle infrastrutture.
Confermato, dunque, l'impegno dei Balcani occidentali a proseguire nel processo di riforme sulla strada verso l'integrazione nell'Unione europea. La conferenza ha riunito i primi ministri di sette paesi della regione balcanica, ai quali - unico rappresentante della Ue - si è unito il commissario all'allargamento Stefan Fuele. Il presidente stabile dell'Unione Herman Van Rompuy, invitato, ha rinunciato a partecipare per l'assenza della Serbia. Borut Pahor (Slovenia), Jadranka Kosor (Croazia), Nikola Spiric (Bosnia-Erzegovina), Milo Djukanovic (Montenegro), Nikola Gruevski (Macedonia), Hashim Thaci (Kosovo) e Sali Berisha (Albania) hanno cosଠfirmato una dichiarazione comune nella quale si chiede all'Unione europea di mantenere vivo il processo di allargamento e di continuare nella liberalizzazione dei visti per tutti i paesi dei Balcani occidentali. Finora di tale misura hanno beneficiato i soli cittadini di Serbia, Macedonia e Montenegro. I paesi firmatari si sono impegnati al tempo stesso a continuare nelle riforme per soddisfare i criteri e gli standard richiesti dalla Ue e hanno ribadito la volontà di favorire relazioni di buon vicinato.
In realtà i problemi non sono pochi, e i rapporti fra i paesi della regione sono tutt'altro che idilliaci. In primo luogo, il muro contro muro fra Serbia e Kosovo sul nodo dell'indipendenza, che inevitabilmente condiziona i rapporti fra Belgrado e i paesi vicini che hanno riconosciuto l'indipendenza di Pristina. C'è poi la precaria situazione della Bosnia-Erzegovina, dove il fragile equilibrio istituzionale fra le due entità che la compongono (Republika Srpska e Federazione croato-musulmana) e le persistenti frizioni interetniche fra serbi e musulmani frenano le riforme ritardando il cammino verso l'integrazione europea. Serbia e Croazia, inoltre, sono impegnate in un duello di ricorsi incrociati alla giustizia internazionale con accuse reciproche di genocidio per le atrocità nelle guerre degli anni novanta.