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Ditte italiane, sempre pi๠numerose a scommettere sul mercato turco

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I tecnici parlano di 'soft landing', di atterraggio dolce, dopo il surriscaldamento 'cinese' dell'economia turca degli ultimi anni (l'8,5% di crescita l'anno scorso): ora il Pil di Ankara, rallentato dalla crisi europea, cresce 'solo' del 2,9% secondo i dati dell'ultimo trimestre, ma il paese della Mezzaluna rimane un indiscusso Eldorado per le ditte italiane, sempre pi๠numerose a scommettere sul mercato turco. La conferma dell'importanza della Turchia per le società  della Penisola è venuta dal consulto promosso a Istanbul dall' ambasciatore Gianpaolo Scarante con i rappresentanti delle 936 società  del nostro paese che operano nel paese, a margine della missione nella megalopoli del Bosforo del sindaco di Torino ed ex-ministro del commercio estero Piero Fassino.

Le imprese italiane nel 2002 erano solo 220: ma oggi il Paese, dopo 10 anni di boom economico, è la 17ma economia mondiale, e punta al 'top ten' per il 2023, nel centenario della repubblica moderna fondata sulle rovine dell'impero ottomano da Ataturk. A due ore di volo dall'Italia, la Turchia ne è oggi il quarto partner commerciale, ed è trainata - oltre che dalla tradizionale grande imprenditoria 'europea' di Istanbul (40% dell'economia) - dal fenomeno nuovo delle dinamiche 'tigri dell'Anatolia', uno stuolo di Pmi che si ispirano alle colleghe del nord-est italiano.

Potenza emergente mondiale accanto a Cina, Brasile e India, la Turchia ha enormi programmi di sviluppo per i prossimi 10 anni, da centinaia di miliardi. Le italiane lavorano per ritagliarsi la parte del leone. Costruiscono, in joint venture con ditte turche, porti, stazioni, aeroporti (la gara per il terzo di Istanbul è prevista per fine anno), migliaia di chilometri di autostrade (Astaldi realizzera' il Terzo Ponte sul Bosforo) e linee ferroviarie. Sono in lizza su tutti i grandi appalti, dagli aerei militari alle centrali nucleari. Le grandi società  in Turchia già  da decenni, come Fiat, Eni o Ferrero, raccolgono ora i frutti di investimenti antichi. Come con Bluestrema, il gasdotto costruito dall'Eni fra Russia e Turchia 10 anni fa, che ora consente alla società  italiana - ha spiegato il dirigente Eni Luigi Barceris - di controllare un terzo del mercato turco, in fortissima espansione.

Insieme ai partner turchi, le italiane si lanciano all'assalto dei mercati di Asia Centrale, Medio Oriente ed Europa dell'Est. Sempre pi๠numerose nell'arrembaggio al mercato turco le società  italiane fanno sistema. Per le società  italiane che la crisi costringe a 'uscire' la Turchia è ''il paese da considerare'', per Nicola Longo Dente, di Unicredit, la banca italiana pi๠forte sul mercato turco.

E ora per l'Impresa Italia si apre in Turchia anche il nuovo grande mercato del restauro, avverte Scarante. Il governo ha varato un piano nazionale per la distruzione delle case a rischio sismico e il restauro di quelle con valenza culturale-architettonica, che riguarda oltre un terzo degli edifici del paese. Un business che peserà  decine di miliardi nei prossimi anni. Solo a Istanbul il compito, e l'investimento, sono enormi. Per l'Italia, ''superpotenza del restauro'', sottolinea Scarante, puಠessere una ''miniera di lavoro''.